Ed essendo gli uomini per natura pronti a imitare e a imparare, ogni
giorno gloriandosi delle proprie scoperte si mostravano l’un l’altro i
risultati delle loro costruzioni, e così esercitando gli ingegni con emulazioni
giorno dopo giorno si riplasmavano con maggiore giudizio. E dapprima eretti dei
pali a forca e interposti dei rami allestirono muri col fango. Altri
disseccando zolle di fango costruivano muri, intelaiandoli col legno, e per
ripararsi dalle piogge e dai calori estivi li coprivano con canne e fronde.
Dopoché durante le procelle invernali i tetti non poterono sostenerle piogge,
facendo gli spioventi ricoprirono con fango spalmato i tetti inclinati e condussero
giù le acque cadenti. ( da De architectura, libro secondo di Marco Vitruvio
Pollione)
Si è inteso raggiungere lo scopo
progettuale attuando un processo di astrazione che muovendo da fascinazioni
storiche complesse (il mito della capanna) potesse arrivare a una
configurazione fisica enunciata in forma simbolica, si è definito quindi l’ingresso
della sede attraverso un controsoffitto conformato da due falde, una forma che
suggerisce il rifugio, la casa appunto.
E’ attraverso questa rilettura
che si trova la strategia per pervenire a una nuova configurazione dello spazio
che per sua condizione oggettiva e per regole date è già quasi completamente
definito nella volumetria.
La sfida maggiore in un
intervento d’interni è quella di proporre un progetto rispettoso del luogo dato
ma che riesca ad essere autonomo da esso, si è quindi cercato di lavorare sulla
struttura tipologica a corridoio e sul “quell’accidente” di quota tra il piano
di calpestio d’ingresso e quello della biblioteca amplificando l’asse che nasce
dall’ingresso, mettendolo in forte connessione con la sala corsi e la
biblioteca.
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